Quando e perché andare dallo psicologo

Noi pretendiamo che la vita debba avere un senso, ma la vita ha precisamente il senso che noi stessi siamo disposti ad attribuirle (H. Hesse)

Spesso quando una persona sente un disagio emotivo non riesce subito a chiedere aiuto. A volte uno dei problemi relativi al soggetto consiste proprio nell’incapacità di chiedere aiuto. Ma allora quando e quali sono le situazioni o gli eventi di vita per cui una persona necessiterebbe del sostegno di uno psicologo? Per prima cosa in tutte le situazioni in cui viene compromesso il normale svolgimento della propria vita, inoltre per tutto ciò che trasforma la normale quotidianità in disagio. Vediamoli nel dettaglio:

  • Quando si sente una forte ansia
  • Quando ci si sente abbattuti e non si riescono ad affrontare le situazioni
  • Nel caso di ossessioni
  • Lutti
  • Separazioni
  • Problemi relazionali
  • Problemi scolastici
  • Problematiche legate al sonno
  • Ideazione suicidaria
  • Difficoltà di inserimento in un nuovo ambiente
  • Voglia di cambiare alcune situazioni che non riusciamo ad affrontare
  • Pensare di aver “fallito” nella vita
  • In caso di una malattia
  • In caso di malattia di un familiare
  • Difficoltà nei rapporti con gli altri
  • Litigiosità
  • Problemi alimentari

In alcune delle situazioni sopracitate non sempre è necessario l’aiuto dello psicologo per la loro risoluzione ma a volte ci sono situazioni o fasi di vita che richiedono un cambiamento ma  rimangono così come sono. Allora perché andare dallo psicologo? In primis per evitare che dei problemi risolvibili diventino cronici e che si sviluppi ancora più tristezza e abbattimento perché non si riesce a cambiare.

Ci sono alcune convinzioni comuni da sfatare in merito all’andare dallo psicologo. In primis a volte si teme di essere etichettati come “matti” perché si sta facendo un percorso per farsi aiutare, ma una delle chiavi di risoluzione sta proprio nella parola “AIUTO”: una persona che ha la capacità di chiedere aiuto è una persona che sa prendersi cura di sé stessa e che lucidamente percepisce il limite di non farcela da sola. Un’altra convinzione limitante è proprio questa: “devo riuscire a farcela da solo/a” oppure “posso farcela da solo/a”, ma purtroppo anche questo è un limite perché cercare di risolvere un problema da solo significa privarsi di una risorsa fondamentale per il pensiero umano, quella cioè di potersi confrontare con l’altro. Allora a questo punto un altro pensiero limitante che potrebbe venire in mente è quello di “parlare con un amico”. Premesso che la capacità di avere rapporti umani e il fatto di potersi fidare è indice del benessere di una persona, e premesso che non c’è niente di male a condividere un problema con un amico, anzi, aiuta ad uscire dall’isolamento, un amico è certamente una persona coinvolta, che non ha competenze psicologiche per aiutare ad inquadrare il problema o la situazione e che soprattutto potrebbe interferire con il problema o con la risoluzione stessa perché potrebbe creare un condizionamento ed aspettarsi un cambiamento dopo le confidenze fatte.

Lo psicologo non esprime nessun giudizio, non condiziona la persona con delle aspettative, ma anzi lavora sulla capacità di riflessione personale ed autonoma dell’individuo. Ha un atteggiamento etico rispetto al lavoro che svolge sapendo che ogni cosa che dice potrebbe condizionare la persona, rispettando il segreto professionale, e potenziano le risorse a disposizione che la persona ha per farle raggiungere il benessere e la soddisfazione personale.

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